Partiamo, per una migliore comprensione, dal significato della parola così come riportato dalla Treccani: “La dote e la caratteristica di essere responsabile, di comportarsi responsabilmente”. E poi entriamo nel merito: “il fatto, la condizione e la situazione di essere responsabile”, ed ancora in diritto “situazione giuridica di obbligo gravante su un soggetto”.
Perché ci addentriamo nel fare l’analisi del valore della Responsabilità? E perché lanciamo una provocazione definendolo un grande inganno? Il terreno di giuoco è quello della politica, in particolare quello del governo della cosa pubblica. Dove i giocatori si candidano con precisi intenti, si scontrano con i principi della mediazione e concertazione, vincono (quasi mai nessuno perde! Sigh!) con Responsabilità.
Nelle dimostrazioni matematiche è fondamentale il rigore, cioè l’utilizzo preciso di teoremi già dimostrati, ma allo stesso tempo si fa largo uso degli strumenti di logica per ampliare le conoscenze nell’ambito di sistemi ipotetico-deduttivi. In questo senso potremmo definire l’assioma (principio certo per immediata evidenza) per cui non esiste l’individuo perfettamente responsabile in quanto non è possibile individuare proprietà con la pretesa di verità assoluta.
E quindi, cosa c’entra la Responsabilità con la politica? Dalla definizione linguistica si deduce che dovrebbe essere caratteristica necessaria per potersi considerare un buon individuo politico. Dalla logica si deduce, altresì, che nessuno può considerarsi un buon individuo politico non potendosi autodefinirsi Responsabile.
Ed eccoci al grande inganno della Responsabilità!
No, non è il valore della condizione il grande inganno. Non è il tentativo di ogni buon individuo politico di contribuire in modo operoso al governo della cosa pubblica.
Il grande inganno della Responsabilità è tutto nell’uso improprio, nell’abuso inopportuno, nell’audacia semplicistica che si fa del termine ogni qualvolta si vuole porre in essere una azione politica e prendere le distanze da qualcuno o qualcosa.
I fatti che hanno spinto verso questa analisi sono sotto gli occhi di tutti. In quel di Roma, dove sarebbe opportuno richiamare l’istituto del “tutor impuberum”, c’è una componente politica che “responsabilmente chiede che avvenga qualcosa, oppure prende le distanze”, ce n’è un’altra che “richiama alla responsabilità prendendo le distanze dall’azione”, c’è qualcuno che “per responsabilità chiede di lasciare” e qualcun altro che “chiede di restare per responsabilità”.
Tutto sembra ricondursi ad un grande inganno per i cittadini. È forse giunto il momento di restituirgli il diritto di ridefinire a chi tocca “comportarsi responsabilmente”? Nella partecipazione democratica non c’è inganno, al contrario c’è tanta Responsabilità!